Due anni fa, in queste ore, veniva ufficializzato l’arrivo del nuovo direttore sportivo Luca Leone. Era la prima mossa del grande cambiamento, nato dalla frattura profonda (che poi diventerà insanabile) fra il presidente di allora, Stefano Ranucci, e l’allenatore di allora, Luigi De Canio. C’era già stato il cambio, poi rientrato, dopo la sfuriata nello spogliatoio...
Era una squadra nata per vincere il campionato, con un progetto triennale affidato all’allenatore e condiviso con Pagni, cavallo di rientro, a dicembre già completamente esautorato e licenziato al nascere dei primi dissidi.
La squadra dopo un avvio promettente non riusciva ad ingranare. Cominciavano a venire alla luce le crepe della costruzione di una squadra avvenuta in fretta e con obiettivi ambizioni, una preparazione strana e differente rispetto alle altre società (visto che si combatteva per la riammissione in B al tribunale). La sconfitta con il Ravenna rappresentava il punto più basso. 1 punto in 3 partite (pareggio in casa con la Giana Erminio) e la vetta che si allontana sempre di più.
Così, prima di arrivare all’esonero dell’allenatore ecco che si pensa al direttore sportivo e arriva Leone. Catapultato in una realtà effervescente il suo primo passo è stato quello di cercare di normalizzare la situazione. Il giorno della Vigilia a Terni, a chiacchierare con De Canio, la scelta di tenerlo indipendentemente dai risultati. La voglia di iniziare con lui un percorso che potesse portare alla vittoria. Perché l’indole di Leone è sempre stata quella di un gruppo coeso che possa condividere i momenti difficili ed esaltarsi in quelli più favorevoli. Non cambiare per cambiare, ma cambiare solo per migliorare. E dove poteva trovarsi un allenatore più preparato di De Canio?
Questo è stato il leit motiv dei suoi 24 mesi qui a Terni. Non sono stati tutti semplici, non sono stati tutti come gli ultimi tre. Ma il lavoro di un dirigente non può essere valutato soltanto nel breve periodo. I frutti si vedono alla distanza. Questo Bandecchi lo ha capito ed è stata la più grande fortuna della Ternana. Lasciare intatta la fiducia (sebbene quest’anno l’imperativo comunque era stato dato) essendo consapevoli delle difficoltà in ogni momento e della particolarità del ruolo.
Leone, intendiamoci, ha avuto sempre carta bianca. E una proprietà solida alle spalle. Ha lavorato decisamente in condizioni favorevoli. Ma non è scontato vincere. Riavvolgendo il nastro di momenti critici ce ne sono stati tanti.
De Canio rimane, ma poi - dopo aver vinto il recupero con il Teramo, fra Natale e Capodanno, alla ripresa perde in casa con il Fano e l’ambiente non consente più che possa rimanere sulla panchina rossoverde.
Il ballottaggio è fra Calori e Gallo. La spunta il primo, che però purtroppo si rivela una scelta sbagliata. Però con lui (e in parte con De Canio) viene impostato il mercato. Ed è da lì che viene impostata una base per la squadra che ora sta dominando la C: arrivano Palumbo, Paghera, Russo, Castiglia e anche Boateng. Uomini che Leone già conosceva e che nella costruzione del gruppo, tanto quanto nella squadra, possono fare la differenza.
Calori però fallisce miseramente l’avventura rossoverde. Appena 6 partite, due pareggi e tutte sconfitte, compresa quella in coppa contro la Viterbese. Una catastrofe. Accentuata anche dal fatto che Calori ha sempre evitato (nonostante le richieste) di trovare una soluzione con la società per liquidare il suo contratto: è stato pagato fino alla fine. Un anno e mezzo di contratto per 6 partite. Il costo a punto più alto della storia rossoverde.
Così arriva Gallo che cerca di frenare la caduta di una squadra in picchiata. E nonostante risultati non pienamente convincenti evita il disastro e si merita la conferma, insieme a Leone, per l’anno successivo. Le premesse come sapete sono buone. La Ternana mira a vincere il campionato. Arrivano Proietti, Parodi, Celli, Suagher, Mammarella,Sini, Torromino, Damian, Ferrante, Partipilo. Tornano Palumbo e Furlan. Vengono confermati gli altri. La squadra è unanimemente indicata tra le favorite. Insieme al Bari, naturalmente. Ma l’exploit della Reggina complica i piani. E poi ci si mette anche il Covid. La visione contrapposta delle soluzioni con Gallo è alla base di tutto. L’epilogo del campionato segna il destino dell’allenatore (che comunque chiude i playoff imbattuto) e per Leone parte la terza avventura rossoverde. Stavolta senza rete. Poteva andare via anche lui, nel senso che Bandecchi poteva scegliere diversamente, ma ha ripagato ancora la fiducia. E dopo due anni esatti Leone raccoglie i frutti del suo lavoro. Perché fare il direttore sportivo non è soltanto comprare giocatori, ma gestire l’area tecnica del club. I rapporti fra giocatori, i rapporti con l’allenatore, quelli con il presidente. Indicare una strada e una mentalità. Facendolo attraverso delle scelte.
Dopo 24 mesi la Ternana assomiglia sempre di più a quella che Leone aveva in testa. Come valori tecnici e come valori morali. La Ternana ha uno squadrone, perché ai tanti già citati primi se ne sono aggiunti di nuovi come Falletti, Boben, Kontek e Raicevic. Andando sempre più a migliorare la squadra. Facendo attenzione agli equilibri e scommettendo sugli uomini. Nessuno è stato lasciato indietro e tutti si sentono partecipi. La scelta di Lucarelli è stata condivisa con il Presidente, e con Lucarelli gestisce il gruppo. Qualcuno dirà: quando si vince è semplice. Vero: ma forse è il contrario. Si vince perché c’è un gruppo. E il seme di questo gruppo è stato piantato due anni fa. Con le persone giuste al posto giusto. Lasciandole lavorare. Leone ha seguito una propria idea. Mettendola in discussione per carità, perché solo gli sciocchi non cambiano idea. Ma essendo coerente. E la coerenza paga. Anche se nel calcio comandano i risultati, stavolta non è stato sempre così.
La Ternana ha mostrato di avere pazienza, di seguire un pensiero e di trovare le cose da migliorare, ovunque fossero.
Si parla, giustamente, spesso di Lucarelli come artefice di questa annata straordinaria. Ed è certamente così. E’ determinante e speriamo che lo sarà fino alla fine. Ma non è da sottovalutare chi in questi mesi ha lavorato affinché l’allenatore avesse il miglior gruppo possibile per poter lavorare.
Leone in questi mesi è stato (giustamente) criticato, contestato, insultato. Le ha prese e ha tirato avanti. Nel calcio se vinci sei un eroe, se perdi un coglione. E finora Leone non aveva certamente vinto, a Terni. Ma la sua esperienza diceva che bastava avere il tempo per poter costruire, in una società che tempo non ne aveva dato a nessuno, tantomeno ai dirigenti (preparati).
Bravo Bandecchi ad intuire questi ragionamento. Bravo Leone a carpire il momento. A infondere nella squadra la sua mentalità. I primi 6 mesi sono serviti per raccogliere i cocci, i successivi 12 per rifinire il progetto, nonostante le difficoltà del Covid. Gli ultimi 6 per raccogliere i frutti dopo le scelte giuste (naturalmente in condivisione con le altre componenti).
Leone a Terni ha dato tutto. E’ stato qui durante il lockdown, chiuso in casa. Per dare l’esempio ai “suoi” ragazzi. E’ rimasto nonostante il grave lutto che lo ha colpito. Ha pensato 24 su 24 alla Ternana. Cercando di anticipare problemi e soluzioni. Si è messo in gioco fino alla fine, presentando anche le dimissioni se era necessario portare avanti le sue idee. Non per creare necessariamente un contrasto ma per dimostrare quanto ci tenesse. Per fortuna non sono state mai accettate. E ora, grazie anche a questo, la Ternana è prima in classifica. Con la forza della squadra e la forza delle idee.
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